
Autore: Daniel Zecchinel
Data di pubblicazione: 11 aprile 2025
DRAGHI, I DAZI E LA TENUTA DELL’EUROPA: COSA ACCADREBBE DAVVERO?
Una domanda che oggi ha molto senso.
In un contesto internazionale in cui tornano i dazi, le barriere e le logiche protezionistiche, viene spontaneo chiedersi: cosa direbbe Mario Draghi?
Non solo da ex presidente della BCE, ma da economista, statista e voce autorevole del progetto europeo.
Chi conosce il suo stile sa che Draghi non si limiterebbe a commentare. Agirebbe. Con analisi, metodo e lucidità.
Cosa ha già detto, nero su bianco.
Nel suo recente rapporto per la Commissione Europea (2024), Draghi ha dichiarato:
Le barriere interne al mercato unico sono equivalenti a dazi del 45% sui beni e del 110% sui servizi. È come se l’Europa si imponesse dazi su se stessa.” (Draghi Report – EU Competitiveness)“
Ha richiamato l’urgenza di riforme strutturali, sottolineando che l’Europa deve integrare i propri mercati interni, investire strategicamente e parlare con una sola voce.
“L’Europa deve costruire una capacità di azione industriale comune, se vuole restare competitiva.”
Cosa dice, tra le righe, anche oggi.
Nel 2012 il celebre “Whatever it takes.”
Oggi, con la stessa determinazione si tradurrebbe in una nuova priorità: “Whatever it takes to stay relevant.”
Draghi non ha mai difeso il protezionismo, non ha mai spinto per soluzioni reattive, la sua risposta è sempre stata sistemica:
- Ridurre le inefficienze interne
- Rafforzare la struttura industriale
- Costruire vera coesione europea
E noi, come investitori?
Non serve essere banchieri centrali per capire che ogni momento di incertezza richiede una struttura solida, evitando reazioni impulsive.
Nella gestione del patrimonio, il vero valore nasce dalla coerenza tra le scelte fatte e gli obiettivi da raggiungere.
Le domande da porsi sono sempre le stesse:
Il mio portafoglio è costruito per reggere uno scenario globale che cambia? Ho previsto una riserva di liquidità o mi troverò scoperto quando sarà utile intervenire?
Domande semplici, ma raramente affrontate con lucidità.
Eppure fanno la differenza nei momenti in cui gli altri si muovono senza reali obiettivi.
Rischi e opportunità.
Un'escalation commerciale può penalizzare l'export europeo, in particolare quello italiano e tedesco, colpendo le imprese più esposte.
La volatilità aumenterebbe, con essa la pressione su valute e mercati finanziari.
Ci sono tuttavia dei segnali da cogliere.
Quando il sistema si contrae, chi è in ordine può rafforzare le proprie posizioni. È il momento per riequilibrare gli asset, consolidare ciò che regge davvero, cogliere vantaggi derivanti da ciò che altri liquidano in fretta.
Non è questione di fortuna. È questione di preparazione.
Una conclusione che non lascia spazio al caso.
“I dazi esterni sono un problema serio. Ciò che rischia di renderci più vulnerabili è la nostra inefficienza interna. Non possiamo pretendere di difendere la competitività europea con misure reattive, se prima non eliminiamo le barriere che ci imponiamo da soli.”
Mario Draghi è un europeista pragmatico.
Difende l’identità dell’Europa senza fronzoli, con metodo e con numeri alla mano.
Ha guidato la BCE nel momento più delicato della sua storia, quando lo spettro della frammentazione minacciava la moneta unica.
Sa bene cosa significa contenere uno shock globale e conosce molto bene il rischio di un’Europa frammentata, che non può reggere un attacco commerciale, da qualunque fronte provenga.
📌 Una domanda sorge quasi spontanea:
Credi che l’Italia, da sola, possa farcela?
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